Per il mio primo post della rubrica “Articolo della settimana”, firmato MODbyFF, ho deciso di scegliere un tema a me caro per tante ragioni e che ha anche comportato il lasciare il ruolo da manager in una corporation per fare la freelance: DONNE & CARRIERA.
L’articolo in questione titola “Se una donna vuole guadagnare di più, lavori anche di più”, di Vittorio Feltri, pubblicato il 21/01/2018 su Libero.
Una singolare coincidenza, che mi ha fatta alquanto sorridere, vuole che pochi giorni dopo sia caduto il 73° anniversario di un cambiamento epocale nella scalata femminile alla parità: il 30/01/1945 il Consiglio dei Ministri approvava il diritto di voto alle donne e pochi mesi dopo, il 10/03/1945, autorizzava anche l’eleggibilità. PS: io mi sono laureata proprio un 10 marzo di tanto tempo fa, che sia un segno del destino???
DONNE & CARRIERA – UNA MIA NOTA
Seppur trovo la visione di Feltri (dettagli nel prossimo paragrafo) un po’ semplicista e grossolana nei confronti di una questione assai complessa e articolata, quella delle donne e la carriera, l’ho presa in considerazione perché ho la sensazione che sia il dire ad alta voce quello che molti italiani pensano in silenzio.
Trovo sicuramente certe affermazioni di questo articolo denigratorie nei confronti del genere femminile. Ma nei confronti di quel genere femminile che fa una scelta consapevole e responsabile, che essa sia lasciare il lavoro per dedicarsi interamente alla famiglia o che sia volere figli e carriera così come gli uomini che possono essere padri e dirigenti, non vogliamo tutte le stesse cose. Non sono molto in linea con quelle donne che fanno della maternità una malattia (intendo ove ovviamente non ci siano reali patologie) o che su maternità/assenze per i figli “ci marciano sopra” nell’ambiente professionale a discapito di etica lavorativa e professionalità.
DONNE & CARRIERA – LA VISIONE DI FELTRI
La questione trattamento economico
Feltri sostiene che un 20-25% di differenza tra stipendio maschile e femminile non sia dovuta a disparità di trattamento, tesi avvalorata dal fatto che nelle diverse categorie non esistono contratti per uomini e contratti per donne, ma uno generico uguale per tutti.
Tale disparità economica sarebbe dovuta al fatto che ad un certo punto della sua vita una donna sta a casa in maternità, almeno una volta, e non percependo straordinari e festivi in questo periodo, è logico che conti alla mano lo stipendio complessivo a fine carriera professionale diventi inferiore rispetto a quello di un uomo, che questi congedi non se li prende e che quindi lavora di più, ergo guadagna di più.
In più paragona la donna, “matrona impegnata a sfornare figli”, ad una persona senza occupazione, sollevando quindi addirittura la polemica per l’utilizzo di denaro pubblico destinato al sostentamento di qualcuno che ha scelto di fare figli, invece di lavorare. In fin dei conti, sempre secondo Feltri, badare alla casa è in primis una scelta, e poi un dovere personale e famigliare, che quindi non dovrebbe dare diritto a nessuna pretesa. Insomma, per Feltri, o casa o carriera.
Qualità o quantità del lavoro?
Feltri ne fa molto una questione di quantità di tempo da dedicare al lavoro, non di qualità, che è un metro di misura che appartiene ad uno stile di management “superato”.
In effetti, e per fortuna, le aziende tendono sempre di più a focalizzarsi su risultati e obiettivi raggiunti, più che sulla misurazione del tempo. Non che questo riduca la pressione, visto che si richiedono sempre più risultati in meno tempo, ma lascia un po’ più spazio ad una gestione autonoma da parte dell’individuo, perché non tutti siamo uguali e non tutti siamo produttivi nello stesso modo.
Una cosa che ho personalmente imparato, dopo aver avuto dei figli, è che il diventare mamma che lavora rende sicuramente la ripartizione del tempo tra casa e professione una questione complessa, ma anche che concentrazione, efficienza e produttività in ufficio migliorano tantissimo. Forse perché inconsciamente al rientro dalla maternità ti senti come se dovessi dimostrate di meritarti ancora una carriera, e che il tuo tempo durante la giornata per fare ciò e per il “get things done” non è eterno, perché hai qualcuno di cui sei responsabile che ti aspetta a casa.
DONNE & CARRIERA – ITALIA, DATI ALLA MANO
Probabilmente Feltri, troppo impegnato a zappare l’orto (cosa che lui stesso nell’articolo dichiara di fare per ricavarne frutta e verdura per la famiglia), si è fatto sfuggire qualche studio di osservatori vari dove viene effettivamente confermato che:
- le donne vengono pagate mediamente meno degli uomini
- le donne occupano meno posizioni di rilevanza
- sia la mentalità di un paese, che la carenza di politiche a supporto della famiglia, fanno si che in Italia siano più spesso la donna a rinunciare alla carriera
Gli stipendi
Per quello che riguarda l’Italia, secondo l’ONU le donne guadagnerebbero un 20% in meno degli uomini. Mentre secondo una ricerca del 2017 di EUROSTAT-ISTAT gli stipendi femminili in Italia sarebbero di un 5.5% inferiori a quelli degli uomini. Non malissimo rispetto alla media Europea del 16.3% e ad altri paesi che noi spesso prendiamo a modello: -14.9% per le donne in Spagna, -15.5% in Francia, -20.9% in UK, -22.3% in Germania, -16% in Danimarca. La disparità è maggiore per ruoli quadro e da dirigente, si assottiglia per lavori impiegatizi.
Un’altra ricerca di un altro osservatorio su Reddito Annuo Lordo in 144 paesi dice però che l’Italia è al 117 posto in termini di parità di opportunità economiche verso i due sessi e 127° in termini di pari retribuzione a pari ruolo, con RAL annuale media per un uomo di €30.676 e di €27.228 per le donne (-12.7%).
Posizioni di rilevanza
Solo per il 40% delle donne la carriera approda a posizioni di quadro o dirigente, mentre le posizioni impiegatizie vedono le donne in testa con un 57%. Secondo questa ricerca i settori assicurativo, della consulenza e finanziario sarebbero i meno inclini alla carriera femminile.
Donne occupate
Una ricerca su 35 paesi sviluppati pone l’Italia al quartultimo posto in termini di % di donne occupate, dove le ragioni sarebbero da individuare in:
- asili nido poco accessibili causa costi elevati
- poca disponibilità delle aziende alla flessibilità di orario
- un sistema che continua a spingere perché sia la donna a prendersi cura del lavoro domestico e dei figli, lasciando l’uomo libero di dedicarsi alla carriera senza interruzioni
DONNE & CARRIERA – IN SINTESI
Le cose da cambiare per offrire una reale parità di opportunità di carriera e trattamento economico tra uomini e donne sono ancora tante. Dovendo però scegliere la prime due cose che cambierei, avendo figli, opterei per incentivi alle aziende per la concessione di orari flessibili/working from home e per maggiori congedi parentali al maschile.
Personalmente, ho ricevuto la mia più grande promozione al rientro dalla prima maternità, ancora prima di mettere piede in ufficio. E insieme alla promozione mi è stato accordato l’orario flessibile.
Il mio orario flessibile, combinato al fatto che il sistema lavorativo UK è più incline ad una maggiore partecipazione maschile nella cura di casa e figli (attraverso congedi parentali, assenze dal lavoro per cura della famiglia meglio tollerate, etc), ha reso sia la mia carriera che quella di mio marito possibili contemporaneamente. Quando non c’ero io per questioni di lavoro (viaggiavo molto), la mia bimba era la maggior parte delle volte con il suo papà. E quando rientravo potevo giostrarmi l’orario nei periodi di lavoro più scarichi per recuperare un po’ di tempo in famiglia.
FONTI:pubblicazione Eurostat-Istat, ‘La vita degli uomini e delle donne in Europa’, ottobre 2017; The Gender Global Gap Report 2017 dell’osservatorio Job Pricing; Rapporto OCSE 2017